La psicologia del folle
La psicologia sociale è un ambito di ricerca sviluppato nella prima metà del Novecento, che indaga sulle attività degli individui nelle loro interazioni con gli altri e l'influenza che gruppi sociali, istituzioni e culture hanno sul singolo. Resta comunque problematico dare una definizione: sia perché l'oggetto di studio è ampio e complesso, sia perché in correlazione con altre discipline (sociologia, scienze politiche, ecc.), con confini incerti sugli ambiti disciplinari.
Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, diversi autori statunitensi affrontarono temi relativi alla psicologia di fenomeni collettivi e i primi manuali di psicologia sociale furono pubblicati negli Stati Uniti nel 1908. Si trattava di opere ancora impostate in modo per così dire filosofico, invece che scientifico. Negli anni Trenta e Quaranta il focus della psicologia sociale si concentrò sull'ascesa al potere di nazismo e fascismo.
Negli ultimi decenni, la psicologia sociale ha adottato metodi raffinati: la videoregistrazione e l'utilizzo di altre tecnologie hanno consentito studi sul comportamento delle persone su vasta scala, con procedure statistiche che producono stime dell'affidabilità dei risultati conseguiti.
Nella seconda metà dell'Ottocento ci furono molti problemi sociali che fecero sorgere alcuni interrogativi sulla psicologia collettiva: perché gli individui nella folla manifestano comportamenti spesso irrazionali e agiscono come "contagiati" dagli altri?
Lo studioso francese Gustave Le Bon pubblicò nel 1895 la Psicologia delle folle (prima opera che studia il comportamento delle folle) che ha come obiettivo individuare le loro caratteristiche e tecniche utilizzabili per controllarle. Per Le Bon, l'individuo singolo è parte di una folla quando mette in atto atteggiamenti istintivi, meno razionali rispetto a quelli che esprime da solo. L'individuo "acquista un sentimento di potenza invincibile" che gli permette di cedere a quegli impulsi che da solo sarebbe riuscito a tenere sotto controllo, il cosiddetto contagio. L'attività psichica dell'individuo si modifica notevolmente quando egli viene a essere parte di una folla: l'affettività è esaltata e la capacità intellettuale momentaneamente ridotta. Secondo lo studioso è quindi necessario un capo che possa condurre la folla, orientandola.
Freud: l'annullamento del singolo nella folla
Nel 1921 Sigmund Freud riprese questi temi in Psicologia delle masse e analisi dell'Io. Egli sostiene che capire il comportamento di una folla sia necessario prima comprendere il comportamento del singolo. Si tratta di capire i meccanismi inconsci che stanno alla base del comportamento individuale all'interno di una folla ampia.
Freud fa riferimento all'opera di Le Bon, ma giunge a un'analisi diversa. Quando l'uomo fa parte di una massa le sue caratteristiche personali scompaiono, la sua personalità si annulla per fare spazio a quella della massa, che è omogenea. L'uomo acquista un senso di potenza, la folla garantisce l'anonimato e all'interno di essa tutto è possibile, il soggetto non si sente responsabile in prima persona. Nella massa agiscono pulsioni libidiche, che sviate dagli originari scopi sessuali, vengono indirizzati verso la folla e verso il capo, creando legami tra essi. Freud fa uso del concetto di identificazione: il capo ha le caratteristiche ideali.
Massa e folla
Per massa si intende una vasta collettività in cui è possibile riscontrare una certa omogeneità di comportamento e mentalità, poiché gli individui che ne fanno parte subiscono l'influenza della cultura e della società per mezzo di istituzioni culturali. La psicologia della massa è un settore della psicologia sociale che si occupa di questi fenomeni, come ad es. la scolarizzazione, l'urbanizzazione, la comunicazione di massa.
La folla è invece un agglomerato ampio di persone fisicamente presenti in uno stesso luogo, che possono avere le stesse finalità: l'individuo perde allora momentaneamente la sua identità per assumere quella della folla.
Commenti
Posta un commento